giovedì 26 febbraio 2015

Mercadante, teatro nazionale

Suppongo sappiate: il Mercadante è riuscito ad ottenere il riconoscimento di «teatro nazionale» dalla Commissione consultiva per la prosa del Ministero dei beni culturali, con quanto ne consegue per ciò che attiene all’erogazione di un consistente finanziamento pubblico. Senza dubbio è una buona notizia, ma un sereno ed onesto commento della notizia non può eludere gli elementi di criticità. Il Mercadante è ultimo nella lista dei teatri che ottengono il suddetto riconoscimento. Agguantato in extremis, si è scritto, e a ragione. Piuttosto che per il progetto, giudicato debole, il riconoscimento sembra venga concesso perché sarebbe stato insultante negarlo a una città che vanta una gloriosa tradizione teatrale. Come sempre, insomma, campiamo di rendita del passato che fu. Rendita che solo chi non è intellettualmente onesto può negare sia ormai ridotta al lumicino. Ce ne sarebbe di che avere l’amaro in bocca, ma un milione e 200mila euro all’anno ce l’addolciscono, quasi come a consolarci.
Cito dal Mattino di mercoledì 25 febbraio: «“Avevamo e abbiamo dubbi sul progetto del Mercadante – spiega il presidente Argano – ma Napoli ha una storia e una comunità teatrale che non poteva essere penalizzata. Non ci ha convinto pienamente perché non è bene articolato”. È una pesante critica al direttore artistico Luca De Fusco, che il progetto ha prodotto, una critica tale da determinare il basso punteggio dello Stabile napoletano. “Non è un giudizio sulla persona” precisano da Roma. “Ma ci sono molti elementi di opacità”. A cominciare dal rapporto non limpido tra il Mercadante e la Fondazione Campania dei Festival (della Regione), entrambi in mano a De Fusco. “Napoli, con la sua tradizione e i suoi protagonisti – aggiunge Argano – poteva mettere in campo un progetto potentissimo, ma purtroppo non è stato così: è fragile”».
Ogni considerazione mi pare superflua, non resta che rimboccarci le maniche e, per quanto ci è possibile, ciascuno secondo le proprie responsabilità, cercare di rimediare, di onorare l’occasione, senza sprecarla, con lo sforzo che compete a quanti sono in vario grado chiamati in questione. Trasparenza, in primo luogo, a cominciare da chi viene investito ai più alti e diretti livelli di responsabilità: delle pertinenze, dei ruoli, dei meccanismi gestionali, dei passaggi di interrelazione istituzionale. E poi un po’ d’amore per il patrimonio culturale della città: metterlo a frutto, smettendola di compitarlo come una stanca e logora liturgia, tra oleografia e decorazione.
Ancora una volta spetta a Luigi De Magistris districare i nodi, spegnendo sul nascere, se possibile, gli inevitabili contenziosi tra interessi di singoli e di gruppi a vario titolo chiamati a cooperare in un lavoro i cui frutti andrebbero a beneficio di ciascuno e di tutti. È un augurio, ma soprattutto un’esortazione. 

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