Due
pagine del Corriere del Mezzogiorno di
venerdì 6 marzo meritano qualche commento.
A pag. 4, a firma di Fabrizio
Geremicca, un articolo ci informa che «Luca
De Fusco lascia la direzione artistica del Napoli Teatro Festival» con una
modalità che potremmo definire quanto meno irrituale, annunciando le sue
dimissioni alla stampa invece che al presidente del consiglio di
amministrazione della Fondazione Campania dei Festival. Poco male, verrebbe da
dire, l’importante è che l’abbia fatto, con ciò risolvendo l’annosa anomalia
del suo doppio incarico con la direzione artistica del Teatro Mercadante. E tuttavia
vale la pena di soffermarci a considerare le ragioni che egli ci offre a
motivare le sue dimissioni, perché sono sintomatiche di malcostume.
De Luca dice
che lascia «per un problema fisico di
impegni», dice che intende dedicarsi alla direzione artistica del solo Teatro
Mercadante, che incidentalmente ha ottenuto di recente il riconoscimento di
Teatro Nazionale dal Ministero della Cultura, con un sovvenzionamento di un
milione e 200mila euro. In sostanza, il nodo di quella che era un’incompatibilità
funzionale, prim’ancora che questione di galateo, si scioglie perché, tra le
due direzioni artistiche, De Luca sa quale scegliere, e sceglie proprio quella
alla quale sarebbe stato corretto rinunciasse, almeno a rigor di logica. È da
rimarcare, infatti, che il Teatro Mercadante ha acciuffato il riconoscimento di
Teatro Nazionale non grazie, ma nonostante alla direzione artistica di De Luca,
il cui progetto è stato giudicato gravemente carente dalla commissione
aggiudicante. In pratica, il Teatro Mercadante è Teatro Nazionale perché non si
poteva negarne uno a Napoli: una concessione alla tradizione teatrale della Città,
peraltro ribadito dal giudizio della commissione aggiudicante, nel quale De
Luca ha letto solo il rilievo di «opacità»
col quale si bollava il suo doppio incarico, non le critiche a un cartellone
povero e disarticolato. Non c’è che dire, da direttore artistico di un teatro De Luca avrà i suoi limiti, ma da
teatrante è insuperabile.
Un
commento a firma di Mirella Armiero, che rivendica il peso avuto dal Corriere del Mezzogiorno nella critica
all’operato di De Luca, e la notizia che il Teatro Bellini non ottiene il riconoscimento
di Teatro Nazionale, e che l’Assessorato alla Cultura della Regione si appella
al Tar, chiudono la pagina e lasciano l’amaro in bocca. Potremmo provare ad
addolcircela con l’intervista che Claudio De Magistris, ma il retrogusto non è
meno amaro.
«Quella del doppio incarico di
De Fusco – dice Claudio De Magistris –
era una situazione paradossale. […] De Fusco accumulava emolumenti fino a 300
mila euro all’anno con il risultato di avere un Festival bloccato e un
Mercadante con una gestione monocratica. […] Il Teatro Nazionale, primo del sud
Italia, dovrebbe avere i volti dei Martone, Servillo, De Filippo, Moscato,
Rigillo, Barra, Borrelli, De Simone, eccetera […] Non servono assistenzialismo
e contributi se non ci sono programmi validi». Come non sottoscrivere? Ma
la politica saprà farsi promotrice per rompere le cattive abitudini del passato
e del presente, ad evitare che una voce del capitolato gestionale delle risorse
napoletane e campane – uno che è potenzialmente tra i più ricchi, com’è quello delle
attività culturali – resti terra di devastazione e di saccheggio? La domanda esige
una risposta qualificata, tanto più se si pensa all’esperienza del Forum
Internazionale delle Culture, a come lo si è gestito, ai pessimi risultati che
ha dato.
Claudio De Magistris dice «dispiace
constatare che, nonostante ci fosse disponibilità finanziaria, non si è
riuscito a dare forza e identità all’evento, ed è mancata organizzazione e
soprattutto comunicazione [sicché] il
risultato è stato mediocre». Molto bene, è quello che alla Presidenza della
Commissione Cultura e Turismo del Comune di Napoli mi sgolo a ripetere da
tempo, ma a quando una seria discussione sulle responsabilità?
«Come mai la Fondazione non si è ancora
sciolta?», chiede chi lo intervista, e Claudio De Magistris risponde: «Che io sappia è in fase di chiusura e
rendicontazione». E meno male, ma quale autorità sarà chiamata a giudicare
ed eventualmente a trarre le dovute conclusioni? Come sarà pagato il danno che
la Città ha senza dubbio ricevuto da tanta malaccorta capacità di gestire l’evento?